Per il secondo anno consecutivo, il Comitato Promotore Pro Annunziata ha pensato di recuperare il tradizionale rito rutiglianese del “Passa Pass”, richiamando, così, l’attenzione sui lavori di restauro che sono stati fatti e che dovranno ancora esser fatti sulla Chiesa dell’Annunziata.
Ma che cos’è il “Passa Pass”? Come nasce? E come si è trasformato nel tempo?
La congiunzione tra la festa dell’Annunziata e il lunedì di Pasqua si sviluppa a partire dal secondo dopoguerra, per precisa volontà della Chiesa.
All’Annunziata era, inoltre, riconosciuto il potere curativo dell’ernia ed a questo potere era, inizialmente, legato il rito del “Passa- Pass”.
Esso, diffuso a Rutigliano come in altri paesi della Puglia meridionale, si configurava come una terapia magico- sacrale capace di curare l’ernia mediante l’attraversamento di uno stretto passaggio: il malato era condotto tra la spaccatura di una roccia o, nel caso di Rutigliano, tra una pianta di lentisco fesso, nella convinzione che questo potesse guarire dalla malattia.
A tal riguardo, la testimonianza più antica è quella contenuta in una relazione del 1791 di Giuseppe Maria Galanti, funzionario del Regno di Napoli e incaricato di verificare la situazione economica, sociale e culturale delle provincie, nella quale si afferma che “a Rutigliano sussiste un’abominevole superstizione. Vi è una Madonna per le ernie e le cose simili. Uomini e donne di ogni età, che hanno bisogno di tal protettrice, nel giorno di festa, tutte denudate, sono passate e ripassate per lentisco fesso. Questo poi si stringe con legature e si attende un anno per vedere se è rimarginato, il che è segno della grazia ricevuta”.
Il rito non ha mai goduto del favore della Chiesa, la quale ha progressivamente cercato di eliminarlo o – data la resistenza – di adattarlo alle proprie esigenze e celebrazioni.
Cosi, subito dopo la seconda guerra mondiale, la festa dell’Annunziata fu spostata al Lunedì di Pasqua e il Passa- Pass perse la sua valenza taumaturgica per perseguire l’ottocentesca Benedictio Puerorum, in occasione della quale un giovane, adorno di nastri colorati e accompagnato da un adulto, riceveva la benedizione sacerdotale, dinanzi alla chiesa, dopo la funzione religiosa.
La mattina di Pasquetta, sole permettendo, le famiglie si incamminavano verso la Chiesa dell’Annunziata, portando con loro solo le genuine vivande preparate dalle donne nelle prime ore del mattino. Dopo la messa, i più giovani partivano “a caccia” dei compari, i quali, accettando il titolo, avrebbero permesso ai loro figliocci di esibire il nastro colorato tanto ambito.
Era, dunque, un momento di festa che, allo stesso tempo, assicurava la nascita di nuovi, e talvolta saldi, rapporti socio-familiari (se il giovane sceglieva lo stesso compare di macchia per tre anni di seguito, il legame diventava più solido e comportava lo stesso rispetto dovuto ai padrini veri e propri).
Poi si consumava il pranzo e tutti i divieti imposti durante la Quaresima venivano finalmente infranti, senza ombra di peccato o pentimento. Infine, prima che il sole cedesse il posto alla notte, ci si rimetteva in cammino per tornare a casa: il giorno seguente tutto sarebbe ricominciato, come prima.
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Il sociologo Enzo Spera, nella sua pubblicazione "Comparatici minimi e comparatico di "passata" in Basilicata e nella Murgia barese", ha raccolto le testimonianze di alcune forme di questi riti tra cui quelle riguardanti le coppie senza figli che praticavano in occasione della festa lo scambio delle mogli favorendo in questo modo uno scambio genomico con maggiori probabilità di successo. E' forse anche a questi riti a cui si riferiva il Galanti nel 1791 quando scriveva: "Uomini e donne di ogni età, che hanno bisogno di tal protettrice, nel giorno di festa, tutte denudate, sono passate e ripassate per lentisco fesso".